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Sport dilettantistico: bisogna lavorare su regole contabili standardizzate (Fonte: Eutekne.info - 28/04/2012)

Associazioni sportive

Sport dilettantistico: bisogna lavorare su regole contabili stardardizzate

Si sta affermando una moderna definizione di sport, con rilevanza sociale e salutistica, i cui proventi richiedono un sistema contabile attendibile

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 / Sabato 28 aprile 2012
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Pubblichiamo l’intervento di Simone Boschi, componente della Commissione Contabilità e Fisco enti sportivi dilettantistici presso il CNDCEC.

Dopo un biennio di attività accertativa degli Uffici Finanziari a carico delle associazioni e società sportive dilettantistiche, i cui travolgenti effetti hanno lasciato con le ossa rotte centinaia di sodalizi, è necessaria una serena riflessione. Nessun club credo abbia, infatti, intenzione di continuare a cadere negli errori che gli sono stati contestati, così come non è accettabile che quelle contestazioni decadute per errori invece commessi dai verificatori riemergano in occasione di eventuali nuovi accessi. Proviamo dunque ad ammettere, quali consulenti o difensori di sodalizi raggiunti dai controlli, che i nostri clienti abbiano commesso alcuni peccati e a trovare la conclusione di questa spontanea ammissione.

Innanzitutto, nessuno o quasi è risultato peccatore tale da meritare di venir collocato nelle Malebolge, il cui custode, non a caso, è il gigante Gerione, nipote abiatico di Medusa posto dal Divin Poeta a emblema della frode (“sozza immagine di froda” – Inferno, canto XVII): il comportamento comune alla maggior parte dei sodalizi controllati, semmai, è stato quello di aver aderito a regimi agevolativi (fiscali e contributivi) nella convinzione di poterlo fare. Nonostante ciò, la figura del contribuente che più di altre emerge leggendo i PVC è vicina a quella di un bieco soggetto sistematicamente dedito all’evasione.
Senza contare il metodo di determinazione delle imposte accertate, che tende a non tener conto delle detrazioni d’imposta e/o della deducibilità di parte dei costi documentati, così da provocare carichi impositivi e sanzionatori ben oltre quanto sia lecito aspettarsi, tali da pregiudicare la stabilità finanziaria del sodalizio e potenzialmente di colui che abbia agito “in nome e per conto” di esso (art. 38 c.c.), a sua volta coinvolto altresì nelle conseguenze previste dal DLgs. 74/2000.

Chi conosce un po’ la materia non ha però mancato di evidenziare due fondamentali aspetti legati al comportamento dell’Amministrazione, non esente da critiche.
Il primo è che il settore è trascurato dal legislatore e da oltre trent’anni auspica un intervento normativo che implementi e coordini lo scarno impianto esistente. In tale contesto spiccano le due “famigerate” circolari (13/2009 e 20/2010), che, invece di portare chiarimenti, danno istruzioni agli Uffici in materia di controlli (peraltro eseguiti dalle Direzioni Provinciali con disomogenea attenzione, e ditemi se non è prova di carenza normativa questa).
Il secondo è che, dopo un iniziale periodo di resistenza degli Uffici alle (fondate) doglianze dei contribuenti sportivi, tanto da indurre questi ad avviare incerti contenziosi, si è poi manifestata la tendenza dei primi a considerare e accogliere sostanziali attenuazioni degli addebiti accertati sulla base di quegli stessi principi che fin dall’inizio i sodalizi verificati avevano addotto per sostenere le proprie istanze.

Il principio colto nel comportamento di talune Direzioni Provinciali si articolerebbe così:
- l’Ufficio non è legittimato a disconoscere il requisito sportivo dilettantistico (che invece era la leva per scardinare il comma 4 dell’art. 149 del TUIR e operare un accertamento globale al sodalizio), poiché il legislatore ha attribuito tale prerogativa unicamente al CONI, ente che infatti lo certifica attraverso l’iscrizione al Registro Nazionale delle asd e ssd;

- i servizi che i club rivolgono ai propri associati o frequentatori sono esaminati sotto il profilo commerciale e riscontrati nei dettami statutari in modo da determinare una percentuale attendibile di attività sostanzialmente “non profit”,  che sarà riconosciuta esente da imposizione fiscale, concentrando così la ricostruzione tributaria soltanto sui ricavi derivanti dall’esercizio di quelle attività per le quali non vigono le agevolazioni di legge;

- la determinazione dell’IVA a debito può avvenire attraverso lo scorporo dal volume delle entrate commerciali, anziché applicandola in più;

- la dimostrazione dell’assolvimento dell’IVA sulle fatture fornitori può consentire il riconoscimento della detrazione della medesima ancorché formalmente non esercitata nell’anno accertato;

- è possibile ottenere la disapplicazione di sanzioni derivanti dall’interpretazione di norme incerte;

- il terzo, quarto e quinto punto sono subordinati alla tenuta di una contabilità corretta e trasparente, tale da dimostrare la diligenza e la buonafede del sodalizio sottoposto a verifica;

- quanto sopra fatti salvi eventuali rilievi quali la constatazione della presenza di distribuzione, ancorché indiretta, di utili, l’emersione di fittizia interposizione o di simulazione dell’associazione, e previa constatazione del rispetto dei requisiti formali di affiliazione a federazione o ente di promozione, di iscrizione al registro del CONI, di conformità statutaria all’art. 148 del TUIR, e così via.

Soffermiamoci un momento su quanto indicato dal secondo punto: si può azzardare (sebbene con la massima cautela) che si stia affermando una moderna definizione di sport, inteso non solo come attività fisica-motoria, ma anche quale fenomeno con estrema rilevanza sociale e salutistica. Questo mio azzardo è coerente con i concetti fondamentali contenuti nel Piano regionale toscano di promozione della cultura e della pratica dell’attività sportiva e fisico-motoria (Deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana n. 18/2012) e, modestamente, rispecchia il mio vecchio concetto di sport, quello sul quale ormai da più di un anno sto lavorando con la mia Commissione al CNDCEC.

Penso che sia meritevole di apprezzamento quel club che organizzi corsi rivolti ai minorenni, agli anziani, ai disabili, o che abbia aperto i propri impianti ai cittadini del quartiere, che si occupi dell’aspetto salutistico da ritrovare anche in quelle attività che, a prima vista, potrebbero apparire più marcatamente profit. Ancor più se i suoi dirigenti e istruttori seguano corsi certificati di formazione e di aggiornamento annuale in varie materie (dal soccorso alla sicurezza, dagli impianti all’insegnamento, dalla contabilità ai contratti), in modo da garantire la crescita della governance sportiva e contribuire a diffondere una diversa cultura della pratica dello sport, tesa a raccogliere i forti segnali che la società moderna lancia.

Solo vent’anni fa andavamo ancora in palestre con luce artificiale anche di giorno, attrezzate con spalliere e pertiche, e magari sotto la felpa indossavamo la maglietta bucata dismessa: oggi gli impianti sono tutti modernamente accoglienti e spaziosi e nessuno mai sognerebbe di indossare né felpe, né (figuriamoci!) magliette bucate. È cambiato l’approccio, che oggi spinge a socializzare e permanere al club anche esaurita l’attività fisica: bar, ristoranti, saune, estetica, e così via.
Una dirigenza preparata sa che i proventi derivanti da queste attività vanno inderogabilmente tassati e impongono l’adozione di un sistema contabile completo e attendibile, atto a dimostrare la separazione fra componenti profit e non profit, ma sa anche di non meritare la collocazione nelle Malebolge e questa può forse essere la strada per il cambiamento.

In tale ottica, il dirigente sportivo accetterà che non è poi così sbagliato assoggettare a contribuzione tutti i redditi da lavoro, con buona pace di una fetta sostanziale di quei compensi o rimborsi attualmente collocati nel limbo dei redditi diversi (art. 67, lett. m) del TUIR). Non è un’utopia: le prove generali di questo principio sono contenute nel progetto di riforma del lavoro approntato dal Ministro Fornero ed è ragionevole aspettarsi una rapida e condivisa maturazione di esso.
Intanto, proveremo a lavorare su regole contabili standardizzate, che consentiranno più facilmente di pagare eque imposte senza pericolo di contestazioni fuori misura.