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Diabete: Un colpo ai pregiudizi grazie allo sport (Carlino 14/11/2011)

 

Il Resto del Carlino 14 Novembre  2011

 

Un colpo ai pregiudizi grazie allo sport

Giornata mondiale contro il diabete. Van de Goor e Southerland fra i testimoni

Durante la corsa un sensore ha monitorato il livello di glucosio ogni 5 chilometri

 

Roma, 14 novembre 2011 - HA DECISO di diventare una bandiera umana. Che sventola altissima, sui 2 metri e 09 dall’alto dei quali Bas Van de Goor guarda il mondo. Eppure si è sentito piccolo piccolo, per un attimo, quando ormai otto anni fa gli diagnosticarono il diabete di tipo 1. Non è l’unico, tra gli atleti di livello mondiale: oltre all’altissimo olandese, sono famosi anche i casi del ciclista Phil Southerland, che gareggia nel circuito mondiale con il team Type 1, fatto da diabetici. In Legadue a Forlì gioca a basket il diabetico Austin Freeman. E il nuotatore Gary Hall junior, un altro che come Van de Goor ha vinto le Olimpiadi, mica il torneo dei bar. Insomma, essere diabetici non impedisce di fare una vita da atleti. Con questa massima in testa, Van de Goor ha deciso di diventare qualcosa di più di un testimonial vivente, una volta smesso di giocare (in Italia tra Modena e Treviso ha vinto tutto quello che c’era da vincere, compresi tre scudetti e tre coppe dei campioni).

IL GIGANTE nato a Oss, in Olanda, nel 1971, otto anni fa ha aperto una fondazione a suo nome che si occupa di far sapere soprattutto ai bambini che la pratica sportiva può aiutare a combattere una malattia che spesso viene scoperta molto tardi. E si è trasformato in una cavia umana, correndo due volte la maratona a New York (l’ultima domenica scorsa), una volta quella di Pechino, e salendo oltre i quattromila metri del Kilimangiaro.
«Nell’ultima maratona di New York eravamo in undici diabetici, e avevamo uno speciale sensore — racconta Bas — che misurava il livello di glucosio nel sangue ogni cinque chilometri. In questo modo abbiamo potuto vedere come reagisce l’organismo di ognuno di noi all’inizio dello sforzo, nel pieno e verso la fine». Informazioni che verranno elaborate dai medici, gli stessi che hanno monitorato le condizioni di Van de Goor e di altri sette diabetici nella scalata al Kilimangiaro, qualche anno fa: «In realtà c’era già un alpinista italiano, Marco Peruffo, che aveva fatto da cavia durante la scalata a una vetta di settemila metri. Ma essendo un solo campione, non aveva validità per la ricerca scientifica. Così noi ci siamo presentati in otto. E abbiamo dimostrato che in condizioni di altura, dove l’ossigeno è meno presente nell’aria, abbiamo bisogno di fare ricorso a quantitativi maggiori di insulina».

LUI OVVIAMENTE la prende ogni giorno, l’insulina, dopo essersi studiato bene la tecnica e aver imparato a decifrare meglio alcune indicazioni che il corpo gli fornisce.
«Bevevo fino a dieci litri di acqua al giorno — racconta Bas — e a volte mi capitava di non avere più energie, ma pensavo
che potessero essere gli allenamenti, fino a quando nel 2003 non mi hanno tenuto in ospedale quattro giorni, e li hanno utilizzati per fare esami e per spiegarmi come potevo combattere il diabete. L’alimentazione è importante, ma io per esempio mangio quello che mi pare e poi compenso secondo una tabella con un numero di unità di insulina parametrate al tipo di alimenti che ho mangiato. In Olanda usiamo un’unità di misura diversa, rispetto all’Italia. Ma certi problemi sono uguali: oltre al cibo, devo stare attento allo stress e alla febbre, che peggiorano le condizioni del mio sangue. Di sicuro, abbiamo scoperto che fare sport le migliora».