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Traumi da sport: prevenirne l'insorgenza (28/6/2011)

 

Traumi da sport: prevenirne l'insorgenza.

 

A cura di: Valeria Cannazza

www.nonsolofitness.it    News del 28/06/2011
 

In ogni ambito sportivo, il praticante è sottoposto ad un allenamento che molto spesso può provocare un’eccessiva sollecitazione a livello osseo e muscolare. Ciò può avvenire se non si esegue un adeguato riscaldamento pre-performance o se si esegue il gesto tecnico in modo scorretto. Quindi è d’obbligo distinguere tali danneggiamenti, che andremo a chiamare lesioni, in due famiglie: una da sovraccarico, legata all’eccessivo allenamento o all’esecuzione scorretta del gesto, e una di tipo traumatico, provocata da colpi indiretti o da cadute. Se ci riferiamo ad un danno di “minor” gravità che riguarda il muscolo, il tendine o il legamento, questo può guarire nel giro di qualche settimana, seguendo scrupolosamente le indicazioni mediche. In realtà, è proprio questo tipo di danno che viene trascurato o trattato in modo palliativo, dando più importanza a come farlo scomparire anziché andare ad indagare il motivo per cui è accaduto.

Un trauma da sport avviene perché vi è uno squilibrio tra forza applicata e resistenza dei tessuti: in altre parole, nella pratica, può avvenire che vi sia un carico eccessivo, dato dall’esecuzione sbagliata di un movimento o dal reale carico sui macchinari in sala pesi, rispetto alla resistenza della parte anatomica sollecitata. A volte, però, può essere anche il contrario: la regione interessata è già indebolita e la forza che imprimiamo, seppur regolare, diventa eccessiva in questo contesto.

Un trauma può essere acuto o cronico.

Nel primo caso, si tratta di un evento isolato,ma comunque violento, per esempio una distorsione articolare o uno stiramento muscolare; nel secondo tipo, invece, andiamo a parlare di microtrauma, perché il danno è dovuto al sommarsi di ripetute lesioni da sovraccarico funzionale, ogni volta di minima entità ma che nel totale sono in grado di provocare una patologia, proprio per la loro ripetitività nel tempo. Esempio ne sono le tendinopatie o le microfratture.

Nella programmazione degli allenamenti ricordo che con una seduta di lavoro molto intenso andremo a provocare piccoli danni alle fibre muscolari; proprio questi danni saranno fattori di nuova stimolazione muscolare nel successivo rafforzamento del muscolo stesso. Affinché questo minimo danno non diventi una vera e propria lesione muscolare, disporremo le seguenti 48 ore come tempo di recupero. In parole più semplici, andremo a ridurre l'intensità degli esercizi nei due giorni successivi, concentrandoci su qualità motorie diverse (flessibilità, resistenza, forza, rapidità, destrezza) o su gruppi muscolari differenti.

Nel muscolo vi sono fibre di diverso genere (ad esempio di tipo I, lente o di tipo II, rapide), che vengono allenate in modi diversi e che, di conseguenza, richiedono tempi di recupero distinti. Evitiamo allora di somministrare troppo presto altri alti carichi di lavoro, che andrebbero a gravare solo sulla parte di fibre muscolari a più veloce recupero, rischiando di danneggiare il muscolo stesso.
Concludo, ricordando che episodi di danneggiamenti muscolari e delle strutture correlate possono essere prevenuti da un adeguato riscaldamento, che prevede il coinvolgimento di tutti i distretti muscolari e non solo di quelli specifici della disciplina praticata, e da una corretta esecuzione di stretching alla fine della performance.