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E' cieco, ma corre le ultramaratone e si allena memorizzando gli ostacoli

Non vedente dall'età di 18 anni per una retinite pigmentosa.

È cieco, ma corre le ultramaratone
e si allena memorizzando gli ostacoli

La storia di Simon Wheatcroft, 29 anni, raccontata dal «Guardian». A giugno in programma una gara di 100 miglia

Simon Wheatcroft nella foto del «Guardian» (Page)
MILANO - Una malattia dell'occhio, la retinite pigmentosa, ha tolto a 18 anni a Simon Wheatcroft la possibilità di vedere ma il ragazzo, oggi 29enne, si allena per correre «ultramaratone»: distanze superiori ai massacranti, tradizionali 42,195 km della maratona. La sua incredibile storia è raccontata dal «Guardian», che ne ha seguito gli allenamenti. Grazie a un'intensa e precisa attività di memorizzazione dei percorsi - scrive il quotidiano inglese - Wheatcroft riesce ad allenarsi su terreni misti - prati, campi di calcio, ma anche strade aperte al traffico - e partecipa a gare e sfide impegnative.

IL BLOG - Tutti gli allenamenti e le difficoltà che incontra sono raccontati da Wheatcroft su un blog. «Ho iniziato la formazione sui campi di calcio dietro casa mia, correndo tra i pali - ha detto Wheatcroft - poi mi sono annoiato così ho preso a uscire per strada, cominciando da una via chiusa che conoscevo, fino a quando, un giorno ho pensato di vedere se riuscivo a eseguire la corsa accanto a un'arteria a doppia carreggiata». E le pagine web dell'atleta inglese sono diventate punto di riferimento per altri sportivi con e senza handicap. E sono servite anche a catalizzare l'attenzione degli sponsor: la Asics lo ha inserito nella campagna pubblicitaria «Made of Sport».

GLI ALLENAMENTI - Settimane e mesi di esplorazione e sperimentazione graduale gli hanno permesso di memorizzare un lungo tragitto a piedi nel suo paese di nascita, Rossington, nel Doncaster. «Anche la tecnologia mi aiuta, una applicazione dello smartphone che lancia un segnale acustico quando incrocio gli ostacoli». Un esempio di una sessione di allenamento? «Dal mio consueto punto di partenza - spiega l'atleta - so che la prima svolta è a tre quarti di miglio e mi ci vogliono sette minuti per arrivarci. Quando il telefono mi ricorda che sto correndo da sei minuti e mi dice la distanza coperta, so che nei prossimi sessanta secondi devo curvare e ricordo il punto esatto grazie a una ondulazione del terreno».

LIBERTÀ - Il senso di indipendenza e libertà che gli dà la corsa - dice - lo ripaga dell'ansia per gli ostacoli e i pericoli che può incontrare. «E cerco di concentrarmi sul 99% dei percorsi che affronto in sicurezza e senza problemi, piuttosto che sui pochi passi sbagliati. Certo, ogni tanto trovo sulla mia strada un sasso, dei lavori in corso, un tratto sconnesso che prima non c'era».
Weathcroft parteciperà a giugno alla South Downs Way, gara con un percorso di 100 miglia, dove però sarà assistito dalle guide perchè «sarebbe impossibile memorizzare un percorso così lungo».

Redazione Online18 aprile 2012 | 11:25© RIPRODUZIONE RISERVATA