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Tabella di allenamento troppo dura (Dietabit.it 3/4/2009)

Tabella di allenamento troppo dura

  • 3 aprile 2009
  • Copyright © Dietabit.it - All rights reserved

A molti runner amatori capita spesso di iniziare una nuova tabella di allenamento che sembra "promettere bene", salvo poi doverla abbandonare dopo un mese (o anche prima) perché risulta massacrante. Le vie di uscita più comuni sono:

  • ci si sente distrutti e si rinuncia spontaneamente;
  • ci si sente distrutti, si continua ostinatamente e, alla fine, si rinuncia a causa di un infortunio!

Purtroppo non ci sono scappatoie: se la tabella di allenamento è troppo dura per il livello dell'atleta, o si modifica la tabella e la si rende più facile, oppure si ricade in uno dei due casi sopra citati (preferibilmente il primo).

C'è da dire che gli amatori generalmente tendono a ripetere nel tempo gli stessi errori, probabilmente perché non sempre riescono ad afferrare esattamente quali ne siano le cause. Proviamo allora, nel seguito della pagina, a identificare le cause che rendono una tabella troppo dura e, soprattutto, cerchiamo di capire quali sono i motivi che spingono un atleta a scegliere una tabella non adatta al proprio potenziale.

Le cause scatenanti

Vediamo innanzitutto quelle che sono le cause oggettive che rendono una tabella troppo difficile da digerire per un determinato atleta amatore. Successivamente vedremo la parte che ritengo più interessante, cioè gli errori (psicologici e non) che portano il runner a scegliere la tabella sbagliata.

Troppi chilometri settimanali

Questo punto è ovvio: se si corre troppo, un affaticamento eccessivo è inevitabile. Per arrivare a correre un certo numero di chilometri settimanali è necessario allenarsi per diversi mesi, incrementando gradualmente il chilometraggio complessivo. Non a caso molti programmi di allenamento seri prevedono per i principianti dei lunghi periodi "di costruzione" con l'unico scopo di raggiungere quegli adattamenti necessari per reggere il chilometraggio proposto.

Ritmi troppo veloci

Anche questo secondo punto sembra banale, ma è meglio chiarire un aspetto che spesso genera confusione: una tabella parametrica non sempre assicura ritmi di allenamento adatti al proprio livello.

Ad esempio, una tabella che prevede un allenamento di 15 km da eseguire al ritmo della propria soglia anaerobica (anche ammesso di riuscire a calcolarla correttamente) non ha lo stesso effetto su tutti gli atleti. Vediamo i due estremi: per un professionista (che è in grado di correre anche venti chilometri al ritmo di soglia anaerobica) l'allenamento sarà intenso ma non massacrante; per un principiante sarà sicuramente un allenamento impossibile da portare a termine.

Mancato recupero

La combinazione degli allenamenti è tale da non permettere un recupero adeguato: pur avendo scelto una tabella adeguata alle proprie possibilità in quanto a ritmi veloci e a chilometri settimanali, ci possono essere alcuni problemi che impediscono all'atleta un recupero adeguato tra un allenamento e il successivo. Vediamo quali sono i più comuni.

  1. Il "lunghissimo" è troppo lungo: caso classico, il lungo della domenica è di 25 km, ma l'atleta fino alla settimana precedente non aveva mai corso più di 15 km consecutivi. Unica soluzione in questo caso è cambiare tabella (modificarla andando a ridurre il lunghissimo a 16 km significherebbe, di fatto, cambiare programma di allenamento). In questi casi bisogna chiedersi: sono pronto per la gara che sto preparando? Ad esempio non ha senso iniziare un programma specifico per ottimizzare la prestazione sulla mezza maratona se in allenamento non si è ancora in grado di correre almeno 21 km a ritmo lento; meglio scegliere un programma "per principianti" e arrivare all'ambito traguardo in modo più graduale.
  2. I giorni sono disposti male: per lasciare libertà all'atleta di incastrare gli allenamenti con gli altri impegni settimanali, le tabelle quasi sempre non indicano il giorno della settimana in cui svolgere un determinato allenamento. Molto spesso il runner non professionista decide di (o è costretto a) concentrare gli allenamenti nel week-end, rischiando di correre due allenamenti "duri" in due giorni consecutivi. Una tabella seria dovrebbe sempre indicare i giorni di recupero tra una seduta e l'altra (per il runner il recupero è parte sostanziale del programma di allenamento).

Gli errori di fondo

Quando il runner sceglie la tabella sbagliata, l'errore non è mai nella direzione del "troppo facile". Non mi è mai capitato di sentir dire ad un podista: ho sbagliato tabella, quella che sto seguendo è troppo facile!

Il runner spesso si sente Superman (forse perché è abituato al confronto con alcuni sedentari che fanno fatica solo ad alzarsi dal divano) e, al momento di scegliere tra una tabella appropriata e quella del livello successivo, molto spesso osa troppo e sceglie quella troppo difficile: cerchiamo di capire perché.

Sopravvalutazione dello stato di forma

Per scegliere la tabella corretta bisogna considerare lo stato di forma del runner al momento dell'inizio del programma di allenamento. Il fatto che uno o due anni prima si fosse in grado di correre i 10.000 metri in 40 minuti non significa che anche quest'anno (magari dopo sei mesi di stop e un breve periodo di ripresa) il livello di partenza sia lo stesso. Non ha senso in questo caso scegliere una tabella per "correre i diecimila in 39 minuti". Bisognerebbe prima fare qualche test per valutare quanto si è perso con lo stop e poi riprendere dal punto di partenza. Con un po' di pazienza si arriverà comunque al traguardo, l'importante è non avere fretta.

Proiezione della prestazione

Un altro motivo molto comune è l'abitudine di proiettare sulle lunghe distanze i risultati ottenuti su distanze più brevi. Ad esempio chi ha corso un diecimila al ritmo di 4'00" al km, potrebbe pensare di potersi preparare per correre la maratona sul ritmo di 4'30" al km. Molto probabilmente sarà davvero un risultato alla portata dell'atleta, ma tra quanti mesi? Non ha senso iniziare subito una tabella di tre mesi per ottimizzare la prestazione in maratona su quei tempi: il primo passo dovrebbe essere quello di aumentare gradualmente la distanza; solo dopo alcuni mesi si sarà in grado di iniziare a pensare seriamente alla maratona.

Proiezione dello stato di forma

È l'errore tipico di chi corre da un anno o poco più. Nell'anno precedente è passato da sedentario a runner, ottenendo miglioramenti strepitosi delle prestazioni atletiche. In pochi mesi, i tempi al chilometro sono scesi di oltre un minuto, con un processo di miglioramento che sembra inarrestabile.

Purtroppo, arrivati a un certo punto, i miglioramenti diventano sempre più lenti e difficili da ottenere. L'errore che è probabile compiere è quello di scegliere la tabella non in base ai ritmi attuali, ma in base a quelli che si stima (con troppo ottimismo) di raggiungere tra qualche mese. Se il miglioramento sperato non arriva in tempo per affrontare gli allenamenti più duri ecco che il runner... scoppia.

In alcuni casi il runner poco esperto attribuisce la causa del mancato raggiungimento dell'obiettivo allo scarso allenamento (magari si dà la colpa a quei due allenamenti che sono stati saltati perché diluviava). Per recuperare si allena ancora di più del dovuto con il risultato di "scoppiare ancora più in fretta".

Allenamenti saltati

In questo caso il runner potrebbe anche aver scelto la tabella appropriata all'inizio, ma poi per qualche motivo saltare molti allenamenti nella fase di costruzione (fase che molti trascurano). In questo modo si ritrova a dover affrontare gli allenamenti di qualità senza avere una base aerobica adeguata, con l'ovvio risultato di non poter seguire fino in fondo il programma di allenamento.

Orgoglio

Ultimo, ma non per importanza, l'orgoglio del runner. Chi corre da diversi anni non vuole proprio sentir parlare di tabelle "per principianti". Quando si rientra da un lungo infortunio oppure si vuole passare a distanze decisamente più lunghe di quelle cui si è abituati, è necessario iniziare con una tabella per principianti.

Non ci si dive sentire sminuiti nel proprio orgoglio di runner esperti: saper valutare in modo oggettivo il proprio stato di forma su una certa distanza è una di quelle caratteristiche che permette di distinguere il runner esperto da quello che si illude di esserlo.